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Inchiesta
Ci sono 1400 progetti di solare ed eolico: la burocrazia li blocca

Ci sono 1400 progetti di solare ed eolico: la burocrazia li blocca

Secondo i dati forniti da Terna, sono tante le domande arrivate nei primi 10 mesi del 2021, per un totale di energia pari a 150GW, ma come dimostra l'ultimo rapporto di Legambiente le autorizzazioni richiedono anni. L'approvazione di anche solo la metà permetterebbe di completare la transizione energetica dell'Italia

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Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine del tortuoso iter autorizzativo, se la metà dei progetti presentati diventassero realtà, l'Italia avrebbe di fatto già compiuto la tanto ambita transizione energetica. Il fotovoltaico e l'eolico oggi in lista d'attesa sarebbero più che sufficienti a soddisfare il fabbisogno di energia pulita, abbattendo le emissioni secondo i parametri europei, senza dover tirare in ballo il nucleare o prolungare la vita dei combustibili fossili, a cominciare dal gas naturale. La denuncia arriva dal rapporto di Legambiente "Scacco matto alle fonti rinnovabili", appena pubblicato. Ma ancor più dai dati aggiornati forniti da Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale e che rappresenta un osservatorio privilegiato, visto che chiunque voglia produrre energia deve prima essere autorizzato a distribuirla.

Il dato di partenza è il seguente: per centrare l'obiettivo della transizione energetica il nostro Paese dovrà installare entro il 2030 80 GW di rinnovabili, con una media di 8 GW l'anno nel decennio a venire (anche se il 2021 ce lo siamo giocato installando appena 1 GW). La cosa straordinaria, come mostrano i numeri di Terna, è che a fine ottobre scorso erano pervenute richieste di autorizzazione per impianti eolici e solari sulla terraferma (on shore) pari a 130GW, cui vanno sommati 22,7 GW di richieste per pale eoliche da mettere in mare (off shore). Dunque un totale di oltre 150 GW richiesti, quando ce ne basterebbero 80. Non solo: Terna ha anche già dato il parere positivo all'allaccio alla rete elettrica per la maggior parte degli impianti proposti. L'85% (pari a circa 110 GW) per l'on shore e il 75% (circa 17 GW) per l'off shore hanno infatti ottenuto il via libera.

Infine, un dato che sembra smentire quanti ritengono che negli ultimi anni le aziende delle rinnovabili, scoraggiate dalla burocrazia italiana, abbiamo preferito investire all'estero: dal 2018 a oggi le richieste di connessione sono cresciute del 297%. E solo nei primi dieci mesi del 2021 sono pervenute al gestore della rete ben 1439 nuove domande (974 per impianti fotovoltaici, 465 per pale eoliche).

Il problema è che l'ok di Terna rappresenta solo l'inizio di un percorso a ostacoli. Quando infatti una azienda si candida alla realizzazione di un parco eolico o fotovoltaico chiede innanzitutto la possibilità di connettersi alla rete, poi parallelamente avvia il resto dell'iter autorizzativo. Ed è in questa seconda parte del cammino che si nascondono insidie tali da decimare i progetti e rallentare per anni da realizzazione di quelli superstiti.

"A mettere sotto scacco matto le rinnovabili sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni. E, la poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono districarsi tra regole confuse e contraddittorie", si legge nel rapporto di Legambiente. Spesso il risultato, nota l'associazione, è che i tempi medi per ottenere l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico si attestino intorno ai 5 anni, contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Poi magari ne occorrono altri due per la costruzione vera e propria di una centrale che rischia di essere obsoleta, essendo stata concepita quasi un decennio prima.

Un caso esemplare è quello del parco eolico di San Bartolomeo in Galdo (Benevento). Dopo un lungo iter che ha portato all'approvazione dell'infrastruttura, l'azienda ha proposto di utilizzare aerogeneratori di ultima generazione, più alti e più potenti, riducendone il numero da 16 a 3. Ma la locale Soprintendenza si è opposta: bisognerà valutare come le nuove torri incideranno sul paesaggio. Quindi, paradossalmente, si realizzano le 16 pale approvate e non la soluzione a minor impatto paesaggistico.


Ma il rapporto di Legambiente "Scacco matto alle fonti rinnovabili", da questo punto di vista, è una miniera di storie di ordinaria burocrazia: sono infatti elencate 20 vicende emblematiche di come solare, eolico e biogas si arenino, tra veti incrociati e conflitti istituzionali, in tutta la Penisola, dal Veneto alla Sicilia.

Che fosse il groviglio di poteri centrali e locali il principale rischio per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, titolare dell'omonimo ministero, lo aveva capito fin dall'insediamento, nel febbraio 2021. Allora dichiarò che sarebbe stata necessaria in realtà una "transizione burocratica". A quasi un anno di distanza Cingolani ha rivendicato alcuni risultati: "Il Decreto semplificazioni porterà da 1200 a 300 giorni l'iter autorizzativo per nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili", ha annunciato a inizio dicembre, spiegando che di fronte a situazioni di stallo d'ora in poi sarà il governo a intervenire sbloccando la situazione. E qualche giorno dopo: "Sono stati autorizzati in queste settimane 400 megawatt proprio grazie a quei poteri". Si tratta di 12 impianti (10 fotovoltaici, per la maggiore parte nel viterbese, e 2 eolici), che però rappresentano ben poca cosa rispetto agli 8.000 megawatt (8GW) di rinnovabili che si sarebbero dovuti installare nel corso del 2021 per rispettare la tabella di marcia europea.

"I progetti sbloccati - avverte il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani - riguardano però grandi impianti fotovoltaici a terra e piccoli impianti eolici, quando invece andrebbero realizzati soprattutto sistemi agrivoltaici, che producono elettricità come integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola, e grandi parchi eolici, magari coinvolgendo i territori per ridurre la sindrome Nimby. Oltre a favorire le comunità energetiche che usano localmente l'elettricità prodotta da fonte rinnovabile".

D'altra parte lo stesso Cingolani aveva ammesso: "Sul tavolo di palazzo Chigi ci sono 40 progetti bloccati per 6 GW". E allora: se sono stati sbloccati 12 progetti da 0,4 GW, che fine hanno fatto i restanti 28 da 5,6 GW? E soprattutto: chi è che li tiene fermi? Dal Mite rispondono in modo sibillino: provate a chiedere al ministero della Cultura. Che però preferisce non replicare. E tuttavia non è un mistero che siano spesso le Soprintendenze a fermare molti progetti, per l'impatto che possono aver sul paesaggio naturale o sui centri storici italiani.

"La transizione energetica - commenta Ciafani - si farà se finiranno sia il gioco delle parti tra ministeri che la guerra degli enti locali. Il ministro Franceschini deve fissare regole chiare sulla semplificazione delle autorizzazioni del fotovoltaico integrato sui tetti nei centri storici, perché altrimenti le Soprintendenze continueranno a dire sempre no. E ne beneficerà chi vuole fare fotovoltaico a terra oppure nuove centrali a gas".

Per superare l'impasse è stato ora ideato il meccanismo delle "aree non idonee": le Regioni devono comunicare al governo dove non si possono realizzare impianti eolici o fotovoltaici. Il che significa che poi non ci si può più opporre se pannelli o pale vengono collocate su terreni non inclusi nell'elenco delle "aree non idonee". Dunque è in atto una sorta di censimento di zone industriali dismesse, terreni inquinati o comunque non utilizzati a fini agricoli, da destinare alla produzione di energia pulita. Ma molti Comuni non stanno partecipando alla raccolta dei dati e c'è già chi teme che si metteranno di traverso a suon di ricorsi quando scopriranno che sul loro territorio stanno per essere montati pannelli o pale.

L'ennesima insidia da scongiurare sul cammino delle rinnovabili. In modo che almeno la metà di quei progetti da 150 GW che giacciono nei cassetti da trasformare in realtà. E, con loro, la transizione energetica dell'Italia.